En nonostante i conflitti religiosi ed etnici, il Sudan settentrionale non ha finito di svelare i suoi segreti. Questa regione ricorda l'Egitto di un secolo fa. La scoperta, l'11 gennaio 2003, di sette statue monumentali di re della XXV dinastia da parte della missione archeologica svizzera di Kerma diretta da Charles Bonnet ha rivelato al mondo i faraoni africani del Sudan. Nata a Kerma, con i primi regni del Sahara meridionale (3000 a.C.), ha vissuto l'invasione e la colonizzazione egiziana ai tempi della XVIII dinastia (intorno al 1400 a.C.). L'impronta di questi grandi costruttori ci affascina oggi. Poche strade possono seguire il Nilo in direzione nord da Khartoum. Sono obbligatori un 4 x 4 e una guida autista (oltre a una buona attrezzatura).
Il viaggio inizia con la fine della storia, ovvero Meroe, situata a tre ore di strada (asfaltata) da Khartoum. Fu intorno al 591 a.C. che i Kushiti trasferirono la loro capitale più a sud, dove oggi si trovano la necropoli meroitica e più di 40 piramidi reali e principesche. Un sito di straordinaria bellezza, piantato nel mezzo di un deserto ocra, con nient'altro intorno se non il silenzio selvaggio che conferisce al luogo tutta la sua magia e grandezza. L'archeologo tedesco Friedrich Hinkel, un gigante di 83 anni, una delle figure emblematiche dell'archeologia sudanese, ha studiato tutte le piramidi del Paese, notando che quelle di Nuri, più a nord, sono le più perfette. Uno dei problemi affrontati da tutti gli archeologi è quello della lingua meroitica. Apparso nel 170 a.C. – fino ad allora i Kushiti utilizzavano la scrittura geroglifica – è considerato “l'Etrusco dell'Africa”, uno degli enigmi più difficili lasciati dalle civiltà antiche.
Per raggiungere Jebel Barkal, dall'altra parte della grande ansa del Nilo, è necessario attraversare il deserto di Bayuda. Distese aride e pietrose prima di raggiungere, sulle rive del fiume, in un caos di rocce nere, il piccolo villaggio che domina la quarta cataratta, la più spettacolare delle sei, quella che scomparirà quando verrà allagata la diga che il sudanese costruire più a valle del fiume. Gli abitanti del villaggio accettano con un certo stoicismo di abbandonare le magiche rive del Nilo, convinti che sia tempo che il loro paese si sviluppi. A parte la bellezza della natura e la ricchezza dei terreni limosi che forniscono loro abbondanti raccolti, sono lontani da tutto, senza strade, senza scuole, senza medici, senza acqua né elettricità. Uno dei problemi di questa diga è che inghiottirà una regione che non è mai stata esplorata e che era un passaggio fondamentale tra il mondo africano e il mondo mediterraneo. Tra una diga che fornirà elettricità a tutto il nord Sudan e resti storici fondamentali per la storia del Paese, la popolazione non esita.
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